ATLANTIC RECORDS
Come ho già scritto nell’articolo sul Soul, questo genere ha tre epicentri e tre case discografiche di riferimento: New York (Atlantic Records), Memphis (Stax Records) e Detroit (Tamla Motown).
Quello della Atlantic è un sound trae origine dal jazz orchestrale, dal r&b e dalla musica leggera bianca (cosa che permise l’avvicinamento di questa musica ai visi pallidi). Numerose sono le star nate nel firmamento di New York. Come scrive Peter Guralnick in “Sweet Soul Music” (Arcana Editrice):
“ (…) La Atlantic come quasi tutte le case indipendenti nacque da un entusiasmo, da un’autentica passione per la musica. Ma, fatto più singolare per quell’epoca, a fare la sua forza contribuì una miscela di creatività imprenditoriale, raffinatezza culturale, fiuto negli affari e buon gusto; tale miscela è rara in qualsiasi campo ma praticamente sconosciuta nell’industria discografica. Anziché limitarsi a seguire le mode, che affioravano di volta in volta, o inondare il mercato con un torrente indifferenziato di prodotti, nella speranza che qualcosa sfondasse, l’Atlantic percorse la propria strada particolare”.
Nel ’54 esce “I got a woman” di Ray Charles che mischia per la prima volta sacro e profano, Gospel e Blues. Alcuni homo sapiens sapiens si esaltano, mentre altri si indignano. Alcuni componenti del gruppo abbandonano persino il progetto. Peggio per loro. Fortunatamente il ragazzo ha le spalle coperte dalla sua casa discografica, la “Atlantic Records”.
La religiosità della musica Soul si esprime unendo lo spirito religioso e gli aspetti di vita profana (come il SCESCIUO). I più grandi artisti di questo genere sembrano quasi dei pastori protestanti, dei trascinatori, dei predicatori: nei “The Blues Brothers”, non a caso, James Brown interpreta proprio il reverendo Cleophus James.
Solomon Burke, Wilson Pickett e Aretha Franklin sono solo alcuni nomi degli artisti prodotti dalla casa discografica in questione. Quindi fate largo e spostatevi. Insieme a Modern, Specialty, Imperial ed Aristocrat (la futura Chess) , la Atlantic promuove da sempre la musica nera: blues, jump blues (tipo Ruth Brown e Big Joe Turner), doo-wop (come The Drifters e The Clovers), r’n’r, r&b e soul.
Tornando a bomba alle star della Atlantic, Lavern Baker è un’altra diva degna di nota: io amo le sue sfumature roche. Quando canta “Jim Dandy” (1956) mi sembra di percepire il suo diaframma che fa su e giù. Poi ci sono i coretti maschili deliziosi che mi fanno saltellare come una cocorita.
Dopo un po’ di anni alla Atlantic arriva il capo Jerry Wexler che re-inserisce del sano gospel. Aretha Franklin varca la soglia d’ingresso di casa Atlantic. Si va nello spazio tra le vere star.
Solomon Burke era abituato ai suoi sermoni arricchiti da ritmi coinvolgenti. Ad un certo punto abbandona il percorso da predicatore ed imbocca un’altra strada battendo le mani a ritmo di Soul. Le esibizioni sono trascinanti, in grado di smuovere persino delle statue di ceramica. È stato il sublime e primo interprete di “Everybody Needs Somebody To Love” (scritto da Berns) , brano che poi ha raggiunto il successo Internazionale una volta interpretato da Jake & Elwood Blues, i miei amati Fratelli Blues.
Dal Texas arrivano gli urletti grintosi di Joe Tex. Il sound ed il groove di alcuni brani ricordano molto quelli funkeggianti di James Brown, mentre altri pezzi sembrano essere la congiunzione perfetta tra una tipica ballad di Al Green ed un dolce gospel di Sam Cooke.
Vogliamo parlare del tenore Percy Sledge e del suo coinvolgimento mentre canta “When A Man Loves A Woman” ? Sfido chiunque ad ascoltarla senza batter ciglio (madido di lagrime).
Avviso ai naviganti: in questo articolo non parlerò di Aretha, pur essendo “prodotta” dalla Atlantic, perchè per quanto mi riguarda si merita una robina a parte, visto che per me, assieme all’altra Queen Etta James, ha un posto speciale nel mio cuore.
RAY CHARLES
Ray Charles è un siluro, ragazzi. Storia difficile la sua: cresce solo con la mamma perchè il papà abbandona il tetto coniugale e quando Ray ha 5 anni, il fratello George muore annegato in una pozza d’acqua davanti ai suoi occhi. Lui chiama inutilmente aiuto. Circa un anno dopo perde completamente la vista e sviluppa un udito sopraffino.
La mamma gli ripete: “Tu sei cieco, non stupido”. Cieco in un momento in cui i neri sono vittime del razzismo del Sud. Non poter vedere e vivere una situazione del genere é stato frustrante. Non si perde d’animo.
Frequenta la “Florida School for the Deaf and Blind” dove impara il Braille, fondamentale per poter leggere e scrivere musica. Ascolta e conosce Nat King Cole e Charles Brown. Assorbe come una spugna la loro musica, la rielabora e la fa propria. Suona divinamente pianoforte, sax e clarinetto. Spegne 15 candeline e muoiono i genitori, alchè decide di dedicarsi alla carriera musicale, ma nel frattempo scopre l’amore per l’eroina. Inizialmente funge da appiglio al quale aggrapparsi, per distaccarsi da una realtà troppo pesante da metabolizzare.
Si tratta di un adolescente solo che viaggia in tour unicamente in compagnia della sua musica. Le corde vocali crescono con lui ed ha pure una voce che spacca. Gira per la Florida cospargendola di note, ma poi diventa troppo piccola per poterle contenere.
Giunge a Seattle dove incide “Confession Blues”. Inizia a prendere velocità come un’aereo prima del decollo. Le date nei locali aumentano e nel 1953, Charles ottiene un accordo con la Atlantic Records, la quale fa uscire “Mess Around”. Parte con quattro battute veloci di piano, poi la batteria incalza e assieme ai fiati parte la voce grintosa e graffiata di Ray, solo di piano, solo di sax. Quasi 3 minuti di canzone che ti mette a dura prova se decidessi di ballarla a ritmo sostenuto. Mi sta venendo il fiatone al solo pensiero.
Ray stacca i piedi da terra e spicca il volo ufficialmente nel ’54 con l’uscita di “I’ve got a woman”.
Di lì a poco ingaggia le Raelettes, un trio grintoso di voci femminili che fa da controcanto…ed è subito “Hit the road Jack”. Una donna (Margie Hendricks delle Raelettes) dice al suo, direi ormai EX Jack, di togliersi dai piedi e di non tornare più, perché è un mollaccione senza prospettive e dalle tasche bucate. Dovete sentire la voce tonante di Margie, chiudete gli occhi e immaginatela mentre pronuncia quelle frasi facendo le mosse da tipa tosta. Muove la testa a tempo con la mano e schiocca le dita. Jack cerca di difendersi facendo vane promesse e dicendo alla sua donzella che prima o poi riuscirà a rimettersi in carreggiata. La donna interrompe bruscamente Jack con tono grintoso e lo zittisce ribadendo il concetto. Oh zio, non mi prendi per i fondelli, levati di qua o continuo a sbriciolarti l’autostima come un cracker. Oh.
Nel Dicembre del ’58 durante un concerto, nasce casualmente “What’d i said“. Ray e la sua band terminano la scaletta, ma si accorgono che mancano ancora 12 minuti. Cosa si fa? Due barzellette al microfono e poi tutti a nanna?
Eh no, Charles si muove sul piano elettrico come solo lui sa fare e improvvisa dei riff. Le percussioni lo seguono con una sorta di conga. Ad un certo punto comincia a cantare versi sconnessi e le Raelettes ripetono ciò che dice. Inizia un botta e risposta anche con gli strumenti a fiato.
Il pubblico é scatenato e balla allo sfinimento. Le voci di Ray e del trio si rincorrono, si rispondono a colpi di amplessi mascherati da melodie. I predicatori gridano allo scandalo, ma Ray se ne sbatte. Anzi, a sfregio la ripropone varie sere di fila, dopodiché va in sala d’incisione nel Febbraio 1959. Vende più di un milione di copie.
“Ricevo lettere da predicatori, dicono che ho imbastardito gli inni sacri. Poi, cinque anni dopo, è diventata soul music e si sono messi tutti a suonarla”
RUTH BROWN
Quando si parla di R&B si intende Rythm&Blues, ma anche Ruth Brown. Nasce in Virginia e dall’età di sette anni canta nel coro della chiesa diretto dal padre. Alle chiese preferisce i bar e i nightclubs, per cui a 17anni alza i tacchi e scappa con il trombettista Jimmy Brown, sposandolo. Blanche Calloway le procura una data al “Crystal Caverns” di Washington, dove viene notata dal dj Conover, il quale a sua volta la raccomanda ai fondatori della Atlantic, che alla fiera dell’Est per due soldi un topolino mio padre comprò. Ruth poco prima dell’audizione ha un grave incidente automobilistico, per cui viene tutto rimandato al 1948, quando i creatori della Atlantic vanno fino a New York per sentirla gorgheggiare. Firma immediata sul nuovo contratto discografico.
La sua voce è ritmo, chiarezza, grinta, calore. La cosa meravigliosa delle voci Soul è la loro riconoscibilità. Ciascuna di loro ha un timbro unico. Ruth la individui tra 1000 cantanti. Nel 1950 se ne esce con “Teardrops From My Eyes” che per ben 11 settimane rimane in testa nelle classifiche del R’n’B. Nessun urlo per far vedere che ha 20 ottave di estensione, vibrati gorgheggianti o finti graffiati. Solo la sua voce, non un’imitazione. Il tutto condito dal suono pastoso di sax baritono e contralto.
Nel 1951 giungono alle nostre orecchie i successi “I’ll Wait for You” e “I don’t Know” (brano di rara eleganza). Nel 1953 escono due dei miei brani preferiti di Ruth: “5-10-15 Hours” e “(Mama) He Treats Your Daughter Mean”.
“5-10-15 hours” è un inno frizzantino all’amore e nel ritornello Ruth dice: “Just give me 5,10, 15 hours of your love”, ma la mia frase preferita che sprizza ottimismo da tutti i pori è ” I wanna love ya love, ya baby, if I live to ninety nine!”, ossia “voglio amarti baby, se vivo fino a 99 anni!”…. Passando tra una crisi di mezza età, una sindrome di Peter Pan, una menopausa ed un’andropausa. Ah, l’amour.
In “(Mama) He Treats Your Daughter Mean”, invece, Ruth corre dietro all’uomo sbagliato, uno scansafatiche che la tratta male e si giustifica con la Big Mama, le chiede come può liberarsi di un uomo così disgustoso, visto che il suo cuore è sull’orlo della rottura. Mandalo a defecare sulle ortiche, Ruth, ascolta Mama Soulady.
Nel ’55, lascia dopo 10 anni il trombettista Brown e sposa un sassofonista dal quale ha un figlio. Dopo qualche anno però conosce Clyde dei Drifters e da alla luce Ronnie. Altro che Beautiful. Si ritira dalle scene per dedicarsi alla famiglia e nel 1975 inizia la sua carriera da attrice/cantante nei musical di Broadway(vince un Tony Award ed un Grammy). Nel 1987 crea la “Rhythm and Blues Foundation” per tutelare i diritti dei musicisti e per proteggere il patrimonio culturale del R&B.
Siccome la genetica non mente, appassionati di hip hop, sappiate che Rakim, uno dei più grandi MC della storia, è nientepopodimeno che il nipote della Ruth!
Brillante ma superficiale e con vari errori o approssimazioni: (Atlantic è di New York, non Chicago… tra questi)
Beh, per me è già un onore ricevere un commento da Gianni Del Savio, davvero! Per quanto riguarda l’errore faccio mea culpa e correggo, ma per quanto concerne la superficialità non è sicuramente mio l’intento di scrivere dettagliatamente come farebbe un critico musicale (anche perchè non ne ho assolutamente le competenze e le conoscenze). Come scrissi nella mia presentazione, il lavoro che svolgo è lontano anni luce dalla scrittura. Sono la Psicologa di un Nucleo Alzheimer che da sempre ascolta una valanga di musica; il blog nasce dalla condensazione di due mie passioni (musica e scrittura) durante la dura realtà del Covid e vuole essere una raccolta leggera di articoli, senza alcun tipo di fine ultimo, semplice gratificazione personale. Grazie per le dritte, sono sempre ben accette!