KING GIZZARD & THE LIZARD WIZARD
“Vado matto per i piani ben riusciti”, come direbbe John Hannibal Smith dell’A-Team, mentre stritola un sigaro tra i denti. Ebbene: il mio piano di passare una serata fantastica con il mio fratellone Ivan ha riscosso successo. Per il suo compleanno gli ho regalato un biglietto per il concerto dei King Gizzard & The Lizard Wizard, gruppo che avremmo voluto sentire 2 anni fa a Sestri Levante, se non fosse stato per un’epidemia del belino che ne ha impedito lo svolgimento (è stato brutale rimanere senza musica live per 2 anni).
Finalmente ieri ci siamo goduti uno spettacolo degno di nota. Dopo aver ingollato due birrette ed esserci procurati bruciori al palato, sbranando panetti homemade con soppressata calabra, siamo entrati all’Alcatraz. Ci siamo persi la psichedelia turca con un cicinìn di funk delle “Los Bitchos”, peccato.
Prima che comincino i nostri beniamini, sullo schermo appare questa scritta:
“As the weirdo swarm grows, we have to work hard to keep our community inclusive. The mosh pit is a safe place for young, old, big, small and ppl of all genders.
If you see any dickheads, alert security. Look after each other in there and BE YOURSELF.
We love you all. King Gizz X!”
Si, i ragazzi ci tengono alla community kinggizzardiana: il loro successo è iniziato solo ed esclusivamente grazie alle loro esibizioni dal vivo, durante le quali il pubblico rimaneva a bocca aperta.
Questi simpatici ragazzi di Melbourne, sembrano i classici personaggioni del liceo con le T-Shirt dei gruppi musicali ed i baffetti da sparviero. Quelli che si chiudono in saletta e, dall’alto della loro nerdaggine musicale, improvvisano e tirano fuori delle robe incredibili. Sono sei musicisti, 4 dei quali polistrumentisti (come dei tarantolati passano velocemente dal flauto traverso, al synth, passando per la chitarra elettrica, l’armonica a bocca e il sax), un bassista che mi ha rapito il cuore con le sue linee pastose di basso ed un batterista che passa dal blues all’heavy metal in mezzo secondo tra un tempo dispari ed un altro. I testi inducono il canto verso la grinta e la rabbia.
Il pubblico ancheggia sul blues e si ritrova subito dopo nel pogo e poi a perdere la cervicale facendo l’headbanging. Sono magicamente schizofrenici e imprevedibili. Le canzoni durano una decina di minuti ciascuna e mettono in gioco generi musicali tra i più disparati: garage, r&b, surf, sonorità morriconiane alla spaghetti western, metal e doppia grancassa pulsante (“Planet B”), punk hardcore, psichedelia. Io chiudo gli occhi e mi lascio guidare dalle percezioni e dalle sensazioni, come in un trip psichedelico senza LSD (la loro musica fa fare viaggi migliori). In certi frangenti mi sembrano i Grateful Dead, poi i Black Sabbath e dopo qualche istante i Metallica della prima era.
Alcuni li paragonano ai Tame Impala e ai Pond, ma a me sembrano molto di più.
Finalmente entrano sul palco, si inizia:
1- “Robot Stop” ci parte duro di chitarra e spessore ritmico.
2- “Hot Water”: uno dei chitarristi-cantante molla le sei corde e, quando non canta, suona il flauto traverso seguendo un ritmo ipnotico post-peyote. Ad un certo punto ripetono in continuazione “Hot Water”: come un manthra buddhista. La testa fluttua.
3- “Big Fig Wasp”: furia punk che prosegue con “Gamma Knife” (4)
5- “People Vultures”: a tratti mi pare assuma un sapore dumb-metal, gustosissima, deliziosa.
6- “Persistence”: dal pogo del brano precedente si passa allo sgambettare funkeggiante (questo pezzo mi sa di Beck).
7- “Hypertension”: psych-rock con una spolveratina di jazz e hip-hop.
8- “Iron Lung”: c’è della classe acid-jazz, poi inizia il contributo del sax e del flauto traverso, ai quali si aggiunge il wah- wah della chitarra, facendo virare la canzone al Funk.
9- “Sadie Sorceress”: profumo di rap senza abdicare al proprio stile.
10- “Shanghai”: un po’ di sano Oriente e di j-pop alla Flaming Lips.
11- “Magenta Mountain”: e ci si catapulta nello spazio con una navicella spaziale chiamata pysch-pop.
12- “Hot wax”: un bel riff mefistofelico “Knack” dei Talking Heads, un rock-blues acidulo che ricorda quello dei Cramps. Spettacolare l’armonica a bocca distorta.
13- “Planet B”: nella parte iniziale sembra di sentire un po’ di sano metal in stile Metallica, quelli di Seek and Destroy. Tappeti di doppia grancassa e camminare. I brividi di goduria mi pervadono e abbozzo un headbanging con cautela, il giro di basso ha un nonsochè di blacksabbathiano e il ritornello mi fa venire in mente un pezzettino di “Highway Star” nella versione live di “Made in Japan”. Insomma, in una canzone cito Metallica, Black Sabbath e Deep Purple, per cui non può che spaccare.
14- “Gila Monster”: dopo il delirio di “Planet B” cerchi di riprendere il fiato e le competenze psico-motorie. Invece no, con “Gila Monster” si prosegue con la goduria metal ed un riff ipnotico.
15- “Gaia”: si chiude con la doppia libidine col fiocco, con un pizzico di Heavy Metal che ti solletica la mancata voglia di andare a dormire. Il ritornello ha un sound stoner, proprio come piace a me.
Sapete cosa mi è piaciuto di questo live?
La compattezza del gruppo, la perfetta amalgama dei componenti, una sezione ritmica in piena intesa empatica; ogni tanto si giravano verso il batterista dando le spalle al pubblico, come se suonassero un po’ anche per loro, scambiandosi sguardi d’intesa.
Sono tornata a casa alle 2, ho chiacchierato con il mio fratellone come non facevamo da tempo, mi sono svegliata l’indomani alle 6.30 come ogni mattina, ma ne è valsa la pena. Si, per la musica e la compagnia ne vale sempre la pena.
God Save The King (Gizzard)!
Vi lascio uno spunto, uno di quelli che ti fa venir voglia di andare a vederli dal vivo.
Mi è sembrato di essere al concerto con voi con la tua descrizione accurata! E mi hai fatto venire voglia di approfondire un po’ su di loro. ????