TEDDY BOYS
Avete presente i classici bulletti anni ’50 rappresentati in molti film americani, ambientati in ambito scolastico-collegiale? Quelli che poi si riuniscono in bande e si danno delle legnate? Ecco, quella dei Teddy Boys è la prima sottocultura britannica comparsa nell’immediato dopoguerra, precisamente nel 1953.
Questa sottocultura, dotata di un’identità di gruppo ben definita (oltre che difforme alla cultura dominante della società), è composta da adolescenti provenienti dalla working class, indipendenti economicamente ed affascinati da tutto ciò che abbia a che fare con la cultura americana, dal rockabilly al modo di vestire, fino al cinema. Quella gioventù subisce il fascino dei film di Marlon Brando (Il Selvaggio), James Dean (Gioventù bruciata) e quel Blackboard Jungle (Il seme della violenza) che aveva imposto la canzone Rock Around The Clock di Bill Haley.
Ma perchè Teddy? Sa molto di orsacchiotto morbidino e invece Teddy deriva da Ted, che è il diminutivo di Edward. In pratica i boys distorcono elementi tipici della moda maschile sartoriale edoardiana, in voga durante l’epoca di Edoardo VII, amplificandone misure, colori e forme creando un effetto caricaturale.
La stampa etichetta tutto ciò come un fenomeno deviante. E te pareva. Se solo fosse già esistita la Barbara D’Urso…
I teddy boys difendono i propri spazi (quartieri, strade, negozi e piazze) verso cui provano un solido senso di appartenenza. Questa rivendicazione dei propri spazi e questa coesione forte interna al gruppo, porta i teddy boys ad identificare il nemico negli immigrati dai Caraibi giunti in Gran Bretagna.
Gli immigrati vengono visti come coloro che rubano il lavoro, che turbano l’ordine sociale e che si arricchiscono alle loro spalle (il tutto amplificato dall’influenza dei mass media che ci schiacciano pesantemente, gonfiando le notizie).
L’arrivo degli immigrati comporta un’effettiva modifica degli spazi urbani: da questo momento inizia la speculazione edilizia inglese, con un conseguente sfilacciamento della coesione sociale, tipica della classe operaia che risiedeva in quei luoghi. E’ proprio da questa minaccia che i teddy boys rafforzano il loro senso di appartenenza. Si tratta, dunque, di una sottocultura tendenzialmente xenofoba che adotta atteggiamenti razzisti, come dimostrato dagli eventi di Notting Hill e Nottingham del 1958.
29 agosto 1958: cominciano i cosiddetti Notting Hill Race Riots. Perchè tanto odio?
Semplice, i Teddy Boys insultavano e agivano violenza psicologica sulla svedese e bianchissima Majbritt Morrison, definita “sgualdrina di un nero”, perchè ha osato sposare un ragazzo giamaicano. Fino al 5 Settembre si susseguono i disordini. Vengono addirittura segnate esternamente le porte di casa, di modo che i Teddy Boys sapessero esattamente già dalla strada dove attaccare o meno.
Ah, ovviamente la Polizia darà sostegno ai ragazzotti violenti e non alla vittima.
Per fortuna molti locali proibiranno l’accesso ai teddy boys e il movimento comincerà via via a scomparire.
Anche l’attivista Claudia Jones cercherà di ristabilire l’ordine. Cacciata dagli USA in quanto iscritta al Partito Comunista, si rifugia in Inghilterra e da inizio alla sua battaglia contro la xenofobia. Nasce così il 2° Carnevale più importante del mondo, dopo quello di Rio, ma a Notting Hill. Il Carnevale Caraibico a suon di calypso e reggae, diventa una missione e un modo per ricordare chi ha lottato per l’uguaglianza.
Negli anni ’60 Mods e Skinheads prenderanno alcuni elementi del vestiario dei teddy e li faranno propri… ma sicuramente non le ideologie.